Una matrigna aveva una figlia e una figliastra. Qualsiasi cosa facesse la figlia, le accarezzava la testa e le diceva: "Che intelligente!". La figliastra invece, malgrado fosse una ragazza d'oro, veniva criticata qualunque cosa facesse. Fu così che la matrigna decise di cacciarla di casa. «Portala via, vecchio, portala dove vuoi, purché i miei occhi non la vedano e le mie orecchie non sentano più parlare di lei; ma non portarla dai parenti in una casa calda, portala nei boschi dove il gelo erode le pietre!».
Il marito si rattristò e pianse, poi mise la ragazza sulla slitta. Avrebbe voluto coprirla con una coperta, ma ebbe paura. Portò la sventurata nei boschi e la rovesciò su un cumulo di neve; poi tornò a casa in tutta fretta per non assistere alla morte della figlia. La poverina rimase sola. Tutt'a un tratto, saltando da un abete all'altro, arrivò il Gelo. Dalla cima dell'albero le domandò: «Hai caldo, fanciulla mia?» «Sì, Nonno Gelo, sono al calduccio». Il Gelo scese più in basso, facendo scricchiolare i rami. «Dunque hai caldo, fanciulla? Stai veramente al caldo, bella mia?». Lei riusciva a malapena a respirare. «Sono al caldo, Nonno Gelo, sono proprio al caldo». Il Gelo scese ancora di più. «Hai sempre caldo, fanciulla? Stai veramente al caldo, bella mia? Dimmi che hai caldo, tesoro mio!». La fanciulla, intirizzita dal freddo, non riusciva più a muovere nemmeno la lingua. «Se tu sapessi che caldo che ho, Nonno Gelo!». E allora il Gelo ebbe pietà della fanciulla; la coprì con pellicce di lana e la scaldò con coperte di piume.
Intanto la matrigna, che già stava preparando il banchetto funebre, cuoceva le frittelle. Poi gridò al marito: «Vai, vecchio pelandrone, porta indietro tua figlia, è il momento di seppellirla!». Il vecchio andò nel bosco e arrivò nel luogo dove aveva lasciato la figlia. La trovò tutta allegra sotto l'abete, rosea, con una pelliccia di zibellino e ricoperta d'oro e d'argento. Vicino a lei c'era un baule pieno di ricchi doni. Il vecchio se ne rallegrò; mise tutto nella slitta, fece salire la figlia e si recò a casa. La matrigna intanto continuava a cuocere frittelle. Tutt'a un tratto la porta si aprì e la figliastra, ricoperta d'oro e d'argento, entrò raggiante; dietro di lei c'era un baule grande e pesante. La vecchia la guardò perplessa, poi disse al marito: «Sella un altro cavallo, tu, vecchio pelandrone! Porta anche mia figlia nel bosco e mettila nello stesso punto!». Il vecchio mise la figlia della vecchia nella slitta, la portò nel bosco, la rovesciò sul cumulo di neve sotto il grande abete e andò via. La figlia della vecchia batteva i denti in mezzo alla neve. Arrivò il Gelo saltando da un abete all'altro: «Dimmi, hai caldo fanciulla?» E lei rispose: «Mamma mia, che freddo! Smetti di far scricchiolare i rami, Nonno Gelo!». Il Gelo scese ancora più in basso, facendo scricchiolare i rami. «Hai caldo, fanciulla mia? Hai caldo, bella mia?» «Oh, non sento più i piedi, non sento più le mani! Vattene, Nonno Gelo!». Il Gelo scese ancora più in basso e domandò: «E adesso hai caldo, fanciulla? Dimmi se hai caldo, bella mia!» «Oh, che strazio! Mi hai proprio congelata! Va' via, maledetto Nonno Gelo!». Il Gelo allora andò in collera e assestò una tale botta alla fanciulla che costei ghiacciò all'istante.
Allo spuntare dell'alba, la vecchia mandò il marito a riprenderla: «Presto, vecchio pelandrone, vai a cercare mia figlia e portala qui con tutto l'oro e l'argento!». Il vecchio partì. Quando si aprì la porta, la vecchia si precipitò incontro alla figlia. Aprì la stuoia e vide che giaceva morta nella slitta. La vecchia pianse, ma ormai era troppo tardi.